Gilberto
Bettinelli
Fra le domande che gli
insegnanti di scuola elementare e media pongono più frequentemente vi sono
quelle relative alla valutazione degli alunni stranieri, in particolare di
coloro che possiamo definire neo-arrivati. Ne richiamo due fra le più
“spinose”:
-
come possiamo esprimere la valutazione sui
documenti di valutazione, nelle diverse discipline?
-
è possibile proporre agli alunni stranieri prove
differenziate che tengano conto del loro percorso di apprendimento ?
Il punto è come sia possibile esprimere una valutazione
riguardo ad alunni non italofoni o non ancora sufficientemente italofoni.
Rispetto agli standard di risultato cui i docenti si riferiscono, più o meno
consapevolmente, nella valutazione di tutti gli alunni appare evidente che gli
alunni stranieri di recente immigrazione possono trovarsi in molti casi, in una
posizione assai lontana per quanto riguarda la lingua italiana, scritta e
orale, la lettura e la comprensione, la riflessione linguistica. Se poi si
considerano gli altri ambiti disciplinari, spesso i docenti non riescono a
raccogliere sufficienti elementi di valutazione riguardo a contenuti, abilità e
competenze eventualmente possedute da questi scolari perché essi non sono
–ancora- in grado di esprimerli in italiano o in altra lingua compresa dai
docenti.
Il presente contributo
intende inquadrare il tema della valutazione degli alunni stranieri nel contesto
più ampio del significato e senso della valutazione in ambito scolastico di cui
quello “certificativo” –su registri e documenti di valutazione – costituisce
solamente un aspetto, certamente con specificità e problematiche che non
intendiamo sottacere, ma per le quali cercheremo di proporre alcune linee
operative sulla base di esperienze e scelte effettuate da molte scuole.
Alcune considerazioni generali
-
L’importanza di
conoscere, per quanto possibile, la storia scolastica precedente, gli esiti
raggiunti, le caratteristiche delle scuole frequentate, le abilità e le
competenze essenziali acquisite. Si tratta di un obiettivo non sempre facile da
raggiungere perché richiede documentazione relativa ai diversi paesi di
provenienza, ivi comprese eventuali “pagelle”, materiali bilingui e/o mediatori
linguistico-culturali che aiutino gli insegnanti a fare, per così dire, il
punto della situazione già all’inizio del percorso scolastico nella scuola
italiana. Questi aspetti sono stati trattati ormai da molti che si occupano
dell’accoglienza degli alunni stranieri e a tali contributi rinviamo non senza
però segnalare che alcune scuole hanno messo a punto materiali “non
linguistici” per rilevare ad esempio le competenze in ambito logico-matematico.
-
Occorre accordare fiducia all’alunno di cui
stiamo parlando, fiducia che giungerà a esprimere anche in italiano le
competenze già possedute, ovviamente grazie al percorso personalizzato che la
scuola metterà in atto nei suoi riguardi. Il suo percorso sarà diversificato ma
non necessariamente approderà a esiti inferiori rispetto a quelli mediamente
attesi per i suoi pari.
-
Da un punto di vista più
precisamente didattico i docenti possono individuare in ogni ambito
disciplinare, specialmente nelle prime fasi di inserimento scolastico, attività e temi che possono essere trattati
con forti riferimenti al contesto e al concreto, con approcci operativi e
attivi che accompagnino l’uso delle parole e diano l’occasione di esprimere
abilità già possedute e di proseguire nell’apprendimento. Pensiamo ad esempio
al curricolo di educazione tecnica e delle educazioni in generale ma anche a
parti di discipline come la cartografia, in geografia, o a un approccio
sperimentale e operativo nelle scienze.
c.
Il carattere formativo di ogni valutazione in ambito scolastico non
deve essere trascurato o dimenticato per enfatizzare la dimensione sommativa o
l’aspetto certificativo. Una valutazione formativa comporta il prendere in
considerazione il percorso dell’alunno, i passi realizzati, gli obiettivi
possibili, la motivazione e l’impegno … . In particolare quando si debba
decidere il passaggio o meno da una classe all’altra o da un grado scolastico
al successivo, occorre fare riferimento a una pluralità di elementi e di
considerazioni fra cui non può mancare una previsione di “sviluppo” dell’alunno
in relazione all’età, alle motivazioni, agli interessi, alle richieste/attese
della famiglia, contrastando sia spinte irrealistiche sia svalutanti da parte
di alunni e genitori.
d.
Ogni valutazione -
iniziale, in itinere, finale – non può che essere strettamente collegata al
percorso di apprendimento proposto agli alunni e quello predisposto per gli
alunni stranieri neo-arrivati è necessariamente personalizzato e sostenuto da
interventi specifici per l’apprendimento della lingua italiana. Certamente egli
potrà raggiungere risultati in tempi diversi rispetto ai compagni di classe. Ed
anche i suoi risultati dovranno – pensiamo alla terza media – inscriversi in
una fascia di essenzialità e di accettabilità.
Come
esprimere la valutazione
La pur significativa normativa esistente sugli alunni
con cittadinanza non italiana non esprime nulla a proposito della valutazione
degli stessi. Il riferimento più congruo a questo tema lo si ritrova nell’art.
45 del DPR n 394 del 31 agosto 1999. Al comma 4 si dice che “il collegio dei
docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni
stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento …”. Quindi,
benché la norma non accenni alla valutazione, sembra logico poter affermare che
il possibile adattamento dei programmi
per i singoli alunni comporti un adattamento della valutazione, anche in considerazione
degli orientamenti generali sulla valutazione, espressi in circolari e
direttive, che sottolineano fortemente l’attenzione ai percorsi personali degli
alunni.
Di fatto i collegi dei docenti di alcuni istituti
scolastici hanno assunto decisioni per quanto riguarda la certificazione della
valutazione, tenendo conto delle considerazioni di carattere generale esposte
in precedenza.
Valutazione
in corso d’anno
Sul documento di valutazione del primo quadrimestre, a
seconda della data di arrivo dell’alunno e delle informazioni raccolte sulle
sue abilità e conoscenze scolastiche vengono, negli spazi riservati alle
discipline o agli ambiti disciplinari, espressi enunciati di questo tipo o
simili:
·
“La valutazione non
viene espressa in quanto l’alunno si trova nella prima fase di alfabetizzazione
in lingua italiana”
·
“La valutazione espressa
si riferisce al percorso personale di apprendimento in quanto l’alunno si trova
nella fase di alfabetizzazione in lingua italiana”
Enunciati del primo tipo sono formulati ad esempio
quando l’arrivo dell’alunno è troppo vicino al momento della stesura dei
documenti di valutazione; si può eventualmente riportare la data di arrivo in
Italia o di iscrizione alla scuola italiana. Enunciati del secondo tipo invece
sono utilizzati quando l’alunno partecipa parzialmente alle attività didattiche
previste per i diversi ambiti disciplinari.
Vogliamo tuttavia sottolineare che si dovrebbe
tendere, per quanto possibile, a esprimere una valutazione in ogni ambito
servendosi eventualmente della seconda formula o similare, o di una
combinazione delle due.
Valutazione
di fine anno
Nel secondo quadrimestre la valutazione espressa è la
base per il passaggio o meno alla classe successiva e dunque deve essere
formulata. Secondo molti diventa pertanto assai opinabile una formulazione
simile a quella riportata nel precedente punto A, espressa per tutte le
discipline. Crediamo invece accettabile la formulazione di cui al punto B.
Rimane però il problema degli alunni che vengono iscritti a scuola negli ultimi
tempi dell’anno scolastico per i quali la seconda formulazione potrebbe
risultare un mero artificio o finzione. In questi casi sembrerebbe assai utile
l’intervento di un mediatore linguistico-culturale che funga da interprete per
una eventuale traduzione di prove che consentano una valutazione almeno in
alcuni ambiti disciplinari. Così come si potrebbe ricorrere a docenti di lingua
straniera che parlino le lingue degli alunni neo-arrivati.
Le prove
degli esami di licenza
E’ questo un tema che molti docenti vivono con estrema
preoccupazione, specialmente nella scuola media ove gli insegnanti segnalano
frequenti incomprensioni fra le commissioni e i Presidenti di Commissione. Da
una parte alcuni docenti evidenziano i grandi progressi effettuati dagli alunni
stranieri ed esprimono fiducia nella loro capacità di proseguire nel
miglioramento, dall’altra altri intendono attenersi al dettato delle
disposizioni che prevedono prove uniche per tutti (e prove differenziate solamente per gli alunni handicappati) che
metterebbero in difficoltà i primi non consentendo loro di esprimere i
risultati raggiunti. Attorno a questa contrapposizione si affollano poi
problematiche relative all’età degli alunni, dai 15 ai 17 anni, spinte delle
famiglie alla promozione o alla ripetenza, intenzioni non sempre esplicite di
“alleggerire” la scuola di casi personali difficili ecc.
Occorre ribadire che le prove dell’esame di licenza
rappresentano il momento finale di un percorso e che per quanto riguarda in
particolare l’esame di licenza media, esso deve accertare il possesso delle
competenze essenziali. Per tenere insieme questi due aspetti alcuni istituti
scolastici si sono da tempo orientati verso la proposta di prove d’esame “a
ventaglio” o “a gradini” che individuano il livello della sufficienza e i
livelli successivi. Un’altra modalità consiste nel dare prove, in particolare
per quanto riguarda la lingua italiana, di contenuto “ampio” in modo che ogni
alunno possa trovare la modalità d’elaborazione più adeguata alle sue
competenze.
Casi
Alcuni insegnanti segnalano l’iscrizione in terza
media di alunni quindicenni o maggiori che, essendo arrivati negli ultimi mesi
di scuola, non sono in grado di sostenere significativamente un esame di
licenza. D’altra parte sembrerebbe loro improponibile una bocciatura e una
ripetizione dell’anno, data l’età. Qui ci troviamo ad affrontare un problema
che ha radici a monte, al momento dell’iscrizione alla scuola. I ragazzi di
questa fascia di età si collocano in una sorta di “terra di nessuno” di fatto
creata dalla normativa e dalla tribolata storia della riforma dei cicli
scolastici, le cui vicende per altro non sono ancora terminate (ad es. il primo
anno di scuola superiore non sarà più obbligatorio). Al di là di questo quadro
indefinito rimane il problema del caso specifico: forse è meglio per un
sedicenne neo-arrivato trovare una collocazione in un CTP. Ma le soluzioni
possono essere anche diverse. E’ comunque importante che la scuola cui il
neo-arrivato si rivolge o il servizio comunale, ove esistente, svolgano una
funzione di orientamento e di accompagnamento elaborando un possibile progetto
di percorso scolastico e formativo che non si limiti all’iscrizione (magari
nella situazione scolastica che oppone meno resistenza), tenendo conto che
l’art. 45, sopra citato, afferma che tutti i minori stranieri sono “soggetti
all’obbligo secondo le disposizioni vigenti in materia”. Essenziale in questo
approccio orientativo risulta essere il coinvolgimento della famiglia e
dell’alunno stesso, specialmente quando si tratti di un adolescente. Il
discorso qui dovrebbe allargarsi e affrontare il tema delle figure tutor e,
nuovamente, dei mediatori linguistico-culturali.
In generale, comunque, si pone la questione delle
iscrizioni che avvengono durante il periodo terminale dell’anno scolastico in
classi corrispondenti all’età anagrafica, come prevede la normativa. Le ragioni
di questa norma sono di ordine psico-pedagogico, che qui non possiamo
approfondire, e coinvolgono aspetti quali la motivazione, la stima di sé,
l’appartenenza al gruppo dei pari e altre. L’intento è anche evidentemente di
non penalizzare l’alunno nella sua carriera scolastica e di porre un freno ad
alcune tendenze, che purtroppo si erano manifestate nelle scuole, di iscrivere
gli alunni in classi di due, tre o quattro annualità precedenti alla propria.
Ora il suddetto articolo 45 attribuisce al collegio docenti la possibilità di
derogare alla norma con apposita delibera che può stabilire l’inserimento
dell’alunno sia in una classe precedente sia in una successiva. Ci si può
dunque legittimamente chiedere se il rispetto letterale della norma sia buona
cosa quando l’alunno, giungendo quasi al termine dell’anno scolastico, sarà
quasi sicuramente fermato così da ripetere la classe l’anno successivo. E ciò
vale in particolare per le classi terminali del ciclo. Ad ogni modo sembra
opportuno non generalizzare nel dare indicazioni ma porre attenzione alla
specificità delle assai diversificate situazioni personali.