Da “Lettere ad una professoressa” - Scuola di Barbiana

Ed. Libreria Fiorentina

“Barbiana, quando arrivai, non mi sembrò una scuola. Né cattedra, né lavagna, né banchi. Solo grandi tavoli intorno a cui si faceva scuola e si mangiava.

D'ogni libro c'era una copia sola. I ragazzi gli si stringevano sopra. Si faceva fatica a accorgersi che uno era un po' più grande e insegnava. Il più vecchio di quei maestri aveva sedici anni. Il più piccolo dodici e mi riempiva di ammirazione. Decisi sin dal primo giorno che avrei insegnato anch'io.

La vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare. Però chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finché non aveva capito, gli altri non andavano avanti.

Non c'era ricreazione. Non era vacanza nemmeno la domenica. Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perché il lavoro è peggio.”