Per quanto concerne, ad esempio, l'educazione linguistica in italiano, latino e lingue straniere, i programmi informatici consentono l'elaborazione di esercizi abbastanza diversificati per il completamento o l'intervento sulle strutture testuali, quali il cloze, l'incastro, il riassunto oppure l'espansione, la decontaminazione o la ricostruzione. Tali esercizi promuovono capacità linguistiche, a sostegno ancora una volta dell'assunto secondo il quale non si può divenire buoni informatici se non si possiede la padronanza, appunto, delle capacità linguistiche stesse.
Allo scopo di variare il percorso didattico, si possono inoltre inventare anche esercitazioni, da eseguire con il word processor, che implichino l'impiego della creatività: lipogrammi, crittogrammi, la stesura di un racconto con finale obbligato, la costruzione di intrecci a partire da una fabula data dall'insegnante.
Lo spazio dedicato alla scrittura creativa ha una ricaduta significativa specialmente per quanto concerne la socializzazione delle conoscenze e l'esplicitazione dei vissuti personali tra gli allievi. Pertanto facilita l'integrazione del non vedente, dal momento che contribuisce a creare nella classe un clima "informale" più sereno, all'interno del quale persino l'interazione con l'insegnante assume una connotazione meno impegnativa sotto il profilo emotivo.
Se una oculata organizzazione a livello gestionale contribuisce a migliorare la qualità degli interventi didattici, è indubitabile infatti che ad essa si debba coniugare una particolare attenzione da rivolgere all'ambito specifico dei rapporti interpersonali. Si tratta allora di acquisire una speciale disponibilità all'ascolto, grazie alla quale il docente può almeno tentare di accostarsi a possibili manifestazioni di sofferta emotività, pur controllando una eventuale tendenza ad esplicitare componenti di solidarismo caratterizzate dall'ansia. Proprio l'ansia del docente ha l'effetto di portare allo scoperto paure latenti che non agevolano certamente il processo di integrazione, ma anzi creano un effetto barriera: la prima lezione che gli insegnanti apprendono dagli allievi non
vedenti è forse quella di non temere l'errore, nella prospettiva, dunque, di realizzare un percorso sempre e comunque passibile di progressivi affinamenti.
Per meglio valorizzare i rapporti interpersonali, si affiancheranno alle lezioni frontali attività interattive, nell'intento di qualificare in modo significativo gli spazi centrati sull'alunno, sulle sue aspettative e sulle sue capacità gestionali. E' possibile, ad esempio, suddividere i ragazzi in gruppi e chiedere di descrivere un oggetto che possegga una particolare valenza affettiva, nell'intendimento di far indovinare l'oggetto stesso ai ragazzi degli altri gruppi. Gli allievi non vedenti rivelano spesso straordinarie capacità nel definire i dettagli e sono dunque piuttosto abili nell'orientare e agevolare il lavoro collettivo, durante la redazione dei testi descrittivi.
La lettura di racconti può fornire spunti molteplici per "avventure scritte" che posseggano in qualche misura attinenza con i temi di fondo implicati nei diversi testi: la redazione in prosa di un sogno e la successiva trasposizione in versi; l'auto-attribuzione di un nome o soprannome che implichi l'acquisizione di particolari doti o tratti psicologici particolarmente ambiti; una lettera fittizia scritta da un amico ipotetico e indirizzata a se stessi; l'elaborazione di un diverso finale per un testo d'autore e tantissime altre possibilità di elaborati creativi, che la fantasia degli allievi, ormai incoraggiata a manifestarsi, provvederà a suggerire, di volta in volta.
La dizione ad alta voce di queste produzioni personali registra sempre un livello d'attenzione pressoché totale, inoltre favorisce il chiarimento di stati d'animo ed emozioni attraverso modalità spesso simboliche che contribuiscono a stabilire sottili affinità emotive tra tutti i discenti.
In quest'ottica ci si può forse accostare al dolore mentale denunciato indistintamente da molti adolescenti, che purtroppo rischia di incidere sullo stile di apprendimento e di pregiudicare l'armonico sviluppo della personalità in formazione.
La scuola è dunque un osservatorio formidabile, idoneo a registrare in quale misura non solo i problemi derivanti dall' handicap ma anche i cambiamenti e le tensioni sociali abbiano il loro riverbero sul piano affettivo-esistenziale dei singoli. Pertanto sempre più spesso si richiede al docente una specializzazione del ruolo nel segno di competenze psicologiche, presupposte dalla gestione di complessi rapporti relazionali, che tengano altresì conto delle implicazioni emotive determinate dall'alto grado di coinvolgimento personale.
Ogni attività di programmazione deve, a questo punto, orientarsi verso il raggiungimento di un modello realizzato che si proponga di valorizzare le potenzialità dei singoli, in relazione anche ai fattori dettati da maggiore o "speciale" sensibilità, da intendersi quale risorsa aggiuntiva.
Fabia Zanasi
Docente di Lettere
Liceo Sc."Copernico"
di Bologna.